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Creatività: di che cosa siamo capaci?

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Ogni anno comincio la prima lezione del mio corso dicendo che parlerò di comunicazione e di creatività intese come metacompetenze: capacità che servono (anche) a esprimere un’amplissima gamma di altre capacità. A questo punto qualche studente mi chiede: quando e come una persona capisce di che cosa può essere capace?
Bella domanda. Bella e impossibile, però.
Certo, può contare quello che si ha l’occasione di imparare, come dice James Hillman nella Lettera agli insegnanti italiani. O importa (ancora Hillman) il saper far crescere una vocazione. Per Aimee Mullins, invece, è perdere le gambe da piccolissima. E riuscire a ridefinire, da adulta, il concetto di corpo e di bellezza.
John Grisham non ha la minima idea di poter diventare scrittore (e infatti fa tutt’altro) fino a quando non ci prova. Agli inizi del secolo scorso un giovanissimo Max Wertheimer (il fondatore della Psicologia della Gestalt) è in treno. Sta andando in vacanza. Lo colpiscono delle luci intermittenti. Scende dal treno e si compra uno zoetrope: uno strumento per animare le immagini. Abbandona il progetto della vacanza e comincia a studiare le dinamiche della percezione, e da quegli studi nasce la teoria della Gestalt.
Forse, salvo pochi casi, è difficile capire prima di che cosa si può essere capaci, e dove ci può portare la creatività, intesa come atteggiamento mentale fatto di curiosità, apertura al nuovo, motivazione a superare se stessi, insoddisfazione. L’importante è capirlo almeno durante. Crederci, magari.

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